Riciclabile, compostabile, biodegradabile: quali sono le differenze?

Riciclabile, compostabile, biodegradabile: quali sono le differenze?
In Sustainability

Oramai è sempre più diffusa la pratica volta a incentivare un utilizzo sostenibile di materiali recuperabili, ponendo l’attenzione sul rispetto del Pianeta e sull’adozione di pratiche sempre più ecosostenibili.


Riciclabile, compostabile, biodegradabile: quali sono le differenze? Nella società moderna si è sempre più focalizzati sulla salute del Pianeta grazie a buone pratiche quotidiane legate alla corretta gestione del riciclo dei rifiuti, ma anche alla conoscenza di alcuni termini che riguardano proprio queste azioni. Si utilizzano termini come materiali biodegradabili, compostabili, riciclabili e non riciclabili. Avere una maggiore conoscenza e consapevolezza su questi termini, ormai di uso comune, significa comprendere quali siano le reali differenze nello smaltimento dei prodotti, in modo da selezionare e acquistare oggetti, packaging e materiali conoscendone in anticipo il ciclo di smaltimento. Andiamo quindi a scoprire tutti i dettagli.

 

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Cosa significa riciclabile

Un materiale riciclabile è un materiale di scarto che può essere utilizzato nuovamente in processi di produzione, come ad esempio il vetro, la carta e il cartone, l’alluminio, la plastica e il legno.
A tal proposito, la Direttiva 94/62/CE 17 riconosce la funzione sociale ed economica degli imballaggi. Il packaging, infatti, deve essere progettato per consentire il riciclaggio di almeno una percentuale dei materiali usati nel rispetto delle norme della Comunità Europea, in base a criteri specifici che riguardano tutte le fasi della vita dell’imballaggio, il cosiddetto Life Cycle Assessment (LCA), l’analisi del ciclo di vita che valuta l’impronta ambientale di un prodotto o di un servizio. Negli ultimi anni, la percentuale dei rifiuti riciclati è stata registrata al 63% della produzione nazionale; secondo il Rapporto sui Rifiuti Urbani 2021, la carta e il cartone rappresentano il 19,2% del totale. Un dato che dimostra quanto sia necessario continuare su questa strada, incrementando il più possibile il recupero degli imballaggi, rendendoli più performanti, riutilizzabili e, soprattutto, riciclabili.
 
Il termine riciclabile viene costantemente utilizzato per definire materiali e prodotti senza che vi sia un riferimento definito e condiviso. Ma la riciclabilità di un prodotto va oltre l’essere tecnicamente riciclabile: i consumatori devono poter accedere a un sistema di raccolta e riciclo, un riciclatore deve essere in grado di trattare il materiale e occorre un mercato finale per i materiali rigenerati”.
(Steve Alexander, Presidente di The Association of Plastic Recyclers)
 
Il riciclaggio di questi materiali è diventato possibile solo grazie a una corretta e consapevole operazione di raccolta differenziata dei rifiuti, che permette di trasformare questi elementi di scarto in una risorsa, donandogli nuova vita, riducendo così i materiali che finiscono in discarica.

 

Materiali non riciclabili

Si tratta di rifiuti secchi, chiamati anche indifferenziati o residui secchi, prodotti di scarto che non possono essere riciclati in alcun modo. Al contrario, devono essere smaltiti in discarica, in un termovalorizzatore o in un impianto in cui si produce il combustibile derivato dai rifiuti. Tra i rifiuti secchi non riciclabili troviamo ad esempio: pannolini, assorbenti, cotton fioc, cotone, oggetti in plastica che non sono imballaggi, oggetti composti da vari materiali non facilmente separabili, scontrini fiscali, ceramica, penne biro, carta sporca, spugne etc.

 

Cosa significa compostabile

Un materiale compostabile, dopo essersi degradato, viene trasformato in compost, una sostanza ricca di proprietà nutritive solitamente utilizzata come concime per arricchire il terreno. In base alla norma UNI EN 13432, un materiale è compostabile se risulta:

  • biodegradabile;
  • disintegrabile, cioè costituito da frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm;
  • libero da sostanze eco-tossiche;
  • povero di metalli pesanti e composti fluorurati;
  • con valori di pH, azoto, fosforo, magnesio e potassio al di sotto dei limiti stabiliti.

 
Sempre secondo la normativa europea, un prodotto può avere la dicitura “compostabile” se risulta biodegradabile nell’arco di soli 3 mesi e se supera i test di ecotossicità come prova che esso non possa esercitare alcun effetto negativo all’ambiente. Un classico esempio di compost sono gli scarti di potature e avanzi di frutta e verdura.

 

Cosa significa biodegradabile

Si definisce biodegradabile un rifiuto costituito da materiali che si decompongono grazie all’azione di microrganismi e batteri, della luce solare o di altri agenti atmosferici naturali. La degradazione può avvenire in due diverse condizioni:

  • Aerobica – in presenza di ossigeno: la sostanza prodotta è utilizzabile come fertilizzante o substrato in agricoltura e nel florovivaismo;
  • Anaerobica – in assenza di ossigeno: la sostanza prodotta, oltre che in agricoltura, può essere usata come combustibile gassoso.

 
Un materiale può essere definito biodegradabile qualora riesca a trasformarsi nell’arco di sei mesi; questo significa che quel che resta dell’oggetto, deve poter essere assorbito nel terreno sotto forma di acqua, anidride carbonica, sali minerali e altri elementi.

 

Differenza tra compostabile e biodegradabile

Da ciò che è stato detto finora, si evince che un rifiuto, per essere definito compostabile, deve essere inevitabilmente biodegradabile e, viceversa, un materiale biodegradabile non è necessariamente compostabile perché, ad esempio, potrebbe non disintegrarsi a sufficienza durante un ciclo di compostaggio.
La differenza principale tra le due tipologie di materiale risiede quindi nella velocità di degradazione, ma anche nella completa atossicità e nella composizione chimica: questo significa che ciò che è compostabile torna alla terra come sostanza nutritiva sotto forma di compost, mentre il biodegradabile torna alla natura sotto forma di sali minerali e altri elementi semplici.

 

L’impegno ecosostenibile di Cart-One

Il problema principale, fino a qualche anno fa, era di non riuscire a smaltire imballaggi, contenitori e altri oggetti di plastica realizzati con materiali non riciclabili, che andavano quindi a finire nei rifiuti indifferenziati. Oggi, grazie ai nuovi modelli di economia circolare, si possono produrre materiali ecologici, sicuri e vantaggiosi per l’ambiente, la salute e l’economia.
Cart-One, ad esempio, ha deciso di investire sempre di più in sostenibilità e innovazione, con una grande sensibilità nei confronti delle politiche di salvaguardia dell’ambiente. Da sempre promotore e attuatore dell’economia circolare, Cart-One ha adottato il modello produci-consuma-rigenera-recupera, grazie al quale lo scarto di produzione diventa bobina e di nuovo scatola. Nell’universo del packaging queste azioni si concretizzano nell’utilizzo di tecnologie pulite e innovative, un eco-design inteso come una progettazione del packaging che pone massima attenzione al risparmio di materia prima e con il miglioramento continuo dei processi di produzione finalizzati a diminuire gli impatti di acqua, aria e suolo.
ECOGRIP, ad esempio, è l’alternativa in cartone ondulato alla pellicola termoretraibile in plastica, sviluppata dall’esperienza congiunta dell’Alleanza Paneuropea Blue Box Partners (BBP) di cui Cart-One è membro. ECOGRIP elimina la necessità di utilizzare, in caso di trasporto di più bottiglie, un involucro termoretraibile in plastica monouso. Fornisce un imballaggio biodegradabile al 100%, concepito per adattarsi a qualsiasi tipo di bottiglia sul mercato.

 

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Cart-One produce e sviluppa packaging in cartone ondulato innovativi e che soddisfano le specifiche esigenze di ogni settore merceologico, grazie alla collaborazione attiva con i clienti, ma anche a un servizio flessibile ed efficiente con progetti ecosostenibili e concreti esempi di riduzione dei costi. Contattaci per ricevere tutte le informazioni.

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